Il modello psicoeducativo nel trattamento delle problematiche giovanili
Perchè la scelta di un modello psicoeducativo?
Un aspetto fondamentale nella scelta di una metodologia d’intervento appropriata è rappresentato dall’età dei giovani. Infatti, non ci troviamo di fronte ad adulti con una struttura di personalità definita, ma a giovani e giovanissimi nei quali è ancora in atto il processo dello sviluppo psicofisico, sintetizzabile come un vero e proprio percorso bio-psico-sociale che porta alla formazione e al consolidamento dell’identità personale. D’altra parte, le trasformazioni sono comprese in un arco relativamente breve di tempo e determinano un “periodo critico” che è visibile, non solo nei normali cambiamenti somatici, ma anche in quelli, repentini, nel versante psicologico. Questo comporta che le variabili somatiche e psicologiche devono essere comprese in un unico e generale quadro di riferimento per un intervento che, per sua natura, è sempre di tipo educativo.
Un’altra giustificazione dell’utilizzo di un approccio educativo nei giovani, nei quali alle variabili tipiche del processo di maturazione si sovrappongono quelle di un possibile disturbo del comportamento, è l’allargarsi dell’obiettivo dell’intervento fino a divenire proposta di uno stile di vita diverso da quello che ha portato i giovani ad una disfunzionalità: tuttavia, sia per limitare al massimo l’inevitabile direttività degli interventi educativi, sia per poter conoscere al meglio la persona alla quale si applicano, sia per poter superare le resistenze al cambiamento, è necessario accompagnare all’intervento educativo l’uso di adeguati strumenti psicologici, trasformando il tutto in un intervento psicoeducativo.
Cosa vuol dire concretamente?
Operativamente, utilizzare un metodo psicoeducativo significa avvalersi di strumenti terapeutici adatti ad ogni situazione contingente. Per esempio, può essere indicato l’uso di tecniche psicologiche di aggiramento e di utilizzazione delle resistenze per rendere il soggetto disponibile all’intervento educativo. In seguito si condurrà dolcemente il soggetto nella direzione voluta attraverso le attività educative. In questo contesto, si terrà conto, oltre che degli aspetti cognitivi, anche dei processi cosiddetti “caldi”, ovvero l’ampia categoria delle emozioni con i loro correlati. La preparazione e la costruzione di strategie terapeutiche ha il fine di una modifica funzionale di tali aspetti che poi, automaticamente, influiranno in un effetto a catena anche in altri elementi legati alle varie aree di vita.
In quest’ottica, si pone particolare attenzione agli elementi interattivi. Le variabili relazionali rappresentano un fattore centrale per conoscere la situazione problematica, e conseguentemente produrre un cambiamento. L’attività educativa, in questo caso si connette in modo peculiare, attraverso l’indicazione di attività pratiche che permettano di rendere l’intervento più operativo e direttivo.
Le possibili attività educative che servono al nostro scopo possono essere suddivise in partecipate e prescritte. Le prime riguardano quegli interventi programmati e strutturati per una scoperta guidata di elementi al di fuori della propria realtà disfunzionale (incontri di full immersion, laboratori ecc). Le seconde, invece, in perfetta linea con l’intervento psicologico, riguardano la prescrizione comportamentale, e la ristrutturazione cognitiva come fattori di sblocco della rigidità funzionale, attraverso l’esperienza di nuove modalità di condotta.